Erano detenuti illegalmente in una piccola voliera con poca acqua sporca a disposizione e come cibo una mela piena di formiche: due pappagalli di specie protetta, un esemplare di Ara Ararauna e un Conuro della Patagonia, erano stati sequestrati nel 2015 dalle guardie zoofile OIPA Roma dopo un sopralluogo in una struttura turistica in provincia di Roma. Ad oggi è finalmente arrivata la condanna in primo grado per l’imprenditore del litorale romano per detenzione di animali in condizioni incompatibili con la loro natura.
I due volatili vivevano reclusi in una sorta di pollaio con galline e pavoni, in pessime condizioni igienico-sanitarie e infatti, oltre che risultare sofferenti, depressi e poco reattivi, l’Ara presentava un piumaggio sporco e non omogeneo mentre il Conuro aveva le remiganti tagliate. Nonostante le scuse accampate dal proprietario, oltre alle proteste e minacce di denuncia nei confronti delle guardie zoofile dell’OIPA, i pappagalli vennero sottoposti a sequestro penale e il proprietario ovviamente denunciato non solo per le condizioni ma anche per detenzione illegale di animali protetti dalla convenzione di Washington (CITES) data l’assenza della documentazione di provenienza.
Purtroppo a causa delle gravi condizioni, l’Ara ararauna morì dopo pochi giorni. Successivamente gli esami condotti dall’Istituto Zooprofilattico confermarono il decesso per le gravi condizioni di salute. Il Conuro della Patagonia invece, una femmina alla quale è stato dato il nome Patà, era stato affidato dall’OIPA in custodia giudiziaria all’associazione “Vita da Pappagalli”, ora sta bene e vive felice in compagnia di altri pappagalli salvati da maltrattamenti.
“Come guardie zoofile abbiamo registrato un preoccupante aumento dell’acquisto superficiale di animali esotici, anche vietati, che purtroppo vivono situazioni gravi come questa: sfortunatamente per questi animali nati in cattività non è possibile il reinserimento nell’habitat naturale, non andrebbero né allevati, venduti o comprati per condannarli ad una vita in gabbia – sottolinea Claudio Locuratolo, coordinatore delle guardie zoofile dell’OIPA di Roma – Questa condanna, anche se in primo grado, è un’importante risultato soprattutto se consideriamo che ha permesso a Patà di continuare a vivere felice e amato dove si trova e non tornare da chi lo aveva condannato a sofferenze e dolore”.