“Un animale longevo e forte, calmissimo e paziente”. Raffigurata tra verdi pascoli e immersa nelle acque di cui ha bisogno per difendersi dal caldo, il mito della bufala come animale “straordinario” da cui proverrebbe la genuinità e l'unicità della mozzarella di bufala DOP stride con la cruda realtà, molto lontana da quello che viene decantato nel sito del Consorzio di Tutela della Mozzarella di Bufala Campana, organismo di vigilanza e controllo riconosciuto dal Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali.
“L’oro bianco” o “regina della tavola” com’è definita una delle “eccellenze” italiane, apprezzata in tutto il mondo, proviene da un sistema di produzione che, nell’ottica di razionalizzazione delle tecniche di allevamento, ha ridotto gli spazi a disposizione degli animali, trasformando le bufale in macchine da latte confinate in pochi metri quadri fatti di letame, cemento e fango.
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E come in ogni sistema produttivo che si rispetti, “le eccedenze” si scartano, come accaduto in un’azienda agricola di Cancello ed Arnone, in provincia di Caserta, dove durante un sopralluogo dei volontari delle Guardie eco zoofile dell’OIPA in coordinazione con l’ASL, un bufalotto è stato ritrovato deceduto, in stato di decomposizione, con una corda che lo legava al recinto dove erano rinchiusi all’aperto, privi di qualsiasi riparo dalle intemperie, altri 2 bufalotti insieme a 4 femmine. Solo i maschi utili alla riproduzione vengono “conservati”, gli altri vanno gettati via, non importa in che modo, se seppelliti vivi o lasciati morire di stenti, l’importante è mantenere la funzionalità del ciclo produttivo.
Di fronte alle incredibili giustificazioni del proprietario, che negava che il corpo dell’animale fosse rimasto legato al recinto per diversi giorni, le Guardie dell’OIPA l’hanno denunciato per maltrattamento e uccisione di animali.
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